domenica 27 ottobre 2019

Vai a Volterra!

Vedute di Volterra - Foto di Monica Gatti
Carissimi, eccomi qui in grande ritardo con il mio ultimo post che completa i miei tre giorni passati in Toscana. Il tour termina a Volterra, bellissimo borgo pieno di suggestioni che ha ispirato scrittori del recente e lontano passato e naturalmente cineasti. 
Per noi book lover che continuiamo a sentirci eterni ragazzi, anche se siamo ormai adulti, Volterra è la città dove Gabriele D'Annunzio, soggiornando presso l'Hotel Nazionale (ancora esistente), prese ispirazione per scrivere quello che Proust definì "merveilleux roman": Forse che si, Forse che no. Il libro ci regala una delle più intriganti femme fatale del panorama letterario italianola sensuale, a tratti sadica, Isabella Inghirami, amante dell'aviatore Paolo Tarsi, 
Per i ragazzi che l'editoria inscatola nella bislacca definizione di "young adult", Volterra è invece la città dei Volturi, il potente clan dei Vampiri legato alla saga di Twilight, ideata da Stepheny Meyer.

Museo Etrusco Guarnacci - Foto di Monica Gatti

Volterra ha molti volti: quello antico che vi porta a scoprire la civiltà etrusca e lo splendore dell'Impero Romano, visibile nella ricchezza delle decorazioni delle urne funerarie e nella maestosa decadenza dei resti del teatro e delle terme di Vallebona, quello medievale che si riflette nella possente cinta muraria e nel Palazzo dei Priori, il più antico palazzo comunale dell'intera Toscana, e quello ottocentesco legato al commercio dell'Alabastro, l'oro bianco di Volterra.

Teatro e terme romane di Vallebona, Volterra - Foto di Monica Gatti

Oggi Palazzo dei Priori è sede dell'amministrazione comunale, ovviamente Gabry lo ha voluto visitare bene, in fondo qui è dove lavorano dei colleghi.

Palazzo dei Priori, Volterra - Foto di Monica Gatti

La ricchezza di Volterra emerge però dall'oscurità della terra, attraverso il lampo bianco dell'alabastro.

Museo dell'Alabastro e statue di alabastro presso un negozio, Volterra - Foto di Monica Gatti
Questo gesso dall'aspetto cereo e traslucido per gli Etruschi era la pietra funeraria per eccellenza, tutte le urne cinerarie finemente intarsiate erano di bianco alabastro.
La facilità della sua lavorazione lo rende perfetto per la scultura e per oggetti decorativi, la sua richiesta nel mondo cresce e durante l'Ottocento gli alabastrai di Volterra diventano tra i commercianti più ricchi. I loro palazzi nulla hanno da invidiare a quelli dell'aristocrazia.

Palazzo Viti, Volterra - Foto di Monica Gatti
La ricchezza degli alabastrai è ben rappresentata dall'elegante Palazzo Viti, una delle residenze private più belle d'Italia.
Giuseppe Viti, è stato un abile commerciante di alabastro e la storia della sua vita è degna di un romanzo di avventure.
Il piccolo Giuseppe nasce a Volterra nel 1816, all'età di soli otto anni il padre decide di mandarlo negli Stati Uniti affinché impari l'inglese e a fare di conto. Tornato nel natio paese appena diciassettenne tenta il commercio dell'alabastro negli USA, ma con risultati talmente deludenti che il padre minaccia seriamente di prenderlo "a pedate nel fondo-schiena" se non riesce a recuperare almeno parte dei soldi investiti. Giuseppe è abbattuto ma non vinto. L'esperienza di vita che ha fatto negli Stati Uniti non gli ha insegnato solo l'inglese e a fare di conto, ma gli ha trasmesso anche la mentalità americana: il fallimento non è negativo, significa che ci hai provato e la prossima volta aggiusterai il tiro e fallirai meglio, finché non arriverà il momento in cui vincerai tutto. 
Il padre però concede solo un secondo tentativo. Giuseppe fa tesoro degli errori del passato e si reca in Sud America, più precisamente in Brasile, e questa volta è un successo, ma non ancora un trionfo. La sua marcia inarrestabile lo porta a solcare di nuovo l'oceano, a tornare a Volterra e a ripartire per l'oriente, l'India dei Marajah, che conquistati dallo splendore dell'alabastro lo ricoprono d'oro. 
Il rajah lo vuole alla sua corte, di più ne fa il suo consigliere e lo nomina Emiro del Nepal! Eh si ragazzi, un italiano è stato emiro del Nepal!
Giuseppe Viti è ormai ricchissimo e invidiatissimo, soprattutto dagli inglesi. Ma Giuseppe è anche un fervente patriota, la sua Italia non l'ha mai dimenticata e vuole vederla unita, così nel 1848 rientra a Volterra, accolto con tutti gli onori e mai più lascerà il suolo italiano, il suo obiettivo era l'unità d'Italia, sogno che aveva da ragazzino e che vedrà realizzarsi poco prima di morire.

Volterra - Foto di Gabriele Greppi
Bene, il viaggio è terminato e vi lascio spiegandovi che cosa significa l'espressione "Vai a Volterra!"
Se qualche toscanaccio di dice di andare a Volterra, vi sta mandando in maniera elegante a quel Paese, oppure vi sta dicendo che non ci prendete tanto, infatti a Volterra una volta c'era il manicomio.



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