martedì 11 marzo 2014

L’evoluzione del #lavoro; accanto ai nuovi mestieri 2.0, antiche arti rivivono


In uno dei miei precedenti “editoriali polemici” avevo parlato del woofing, ovvero della possibilità di fare un’esperienza di lavoro presso un’impresa agricola in Italia, oppure all’estero.

Secondo un’indagine di Coldiretti, il 68% dei giovani italiani vorrebbe lavorare nell’agricoltura, e i cari lavoretti stagionali di quando ero  teen-ager: ovvero, vendemmia, raccolta della frutta ecc., per molti anni snobbati dagli studenti più giovani di me, e diventati poi una prerogativa dei lavoratori stranieri, stanno tornando altamente appetibili anche per gli italiani.

La tanto bistrattata agricoltura si sta rivelando, nonostante la crisi, uno dei settori con maggiori possibilità di impiego, dove coloro che hanno coraggio, entusiasmo ed intraprendenza possono addirittura inventarsi un lavoro.


Ecco quindi sorgere nuove professioni, dal muratore ecologico che usa solo mattonelle di paglia, all’agri-scultore, maestro di arte topiaria; avete presente Edward mani di forbice? La scena in cui pota le piante del giardino trasformandole in forme di animali? Ecco, l’agriscultore sarà il vostro Edward. Altri lavori in chiave green sono poi l’agri-tata e il tutor dell’orto, fino ad arrivare all’affinatore di formaggi, colui che con spezie ed aromi ti trasforma una normale forma, in una straordinaria prelibatezza.

I nuovi mestieri sono in realtà rivisitazioni di antichi lavori aggiornati all’insegna del bio e dell’ecologia: vuoi mettere quanto è “trendy” portare il pupo invece che all’asilo in fattoria dall’agri-tata, dove la piccola peste avrà la possibilità di scaricarsi correndo all’aria aperta tra gli animali, mentre tu sarai libero di seguire le lezioni personalizzate del tuo mentore dell’orto, che ti aiuterà a tirare fuori da quelle quattro cassette di terriccio che hai sul balcone, ogni ben di Dio.

Scherzi a parte, tanto di cappello a queste persone che hanno avuto voglia di trasformare le loro passioni in vere e proprie attività imprenditoriali, che hanno saputo inventarsi o reinventarsi un lavoro partendo da vecchie professioni, perché i mestieri, come l’uomo, nascono, si evolvono e muoiono, oppure recuperano nuova linfa vitale se le condizioni ambientali mutano e da ostiche, ritornano favorevoli.


Prendiamo le sarte, quando ero una bambina le mamme e le nonne sapevano quasi tutte cucire, ma per certe importanti occasioni usavano andare dalla sarta per farsi fare un vestito su misura; poi arrivò il pret à porter, e divenne più comodo, meno faticoso ed economico comprare gli abiti in negozio. 

Ora in tempo di crisi, rattoppi, recupero, riciclo e riuso, ecco che le sarte, dopo aver stretto la cinghia, fanno di nuovo affari d’oro, anche se il mercato è cambiato. Le sarte italiane, almeno nella mia Forlì, sono poche e quelle che stanno aprendo i negozi sono agguerritissime signore russe o ucraine, ben consapevoli del valore del loro lavoro.


Altro mestiere che sta conoscendo un grande revival è il calzolaio, mentre altri lavori sono a rischio estinzione, in quanto non vengono più trasmessi alle nuove generazioni: arrotino, ombrellaio, spazzacamino, canestraio, ricamatrici, sono alcuni dei lavori artigiani che rischiamo di non vedere più, anzi forse alcuni sono già scomparsi, persino il mugnaio potrebbe ben presto diventare una figura che non fa più parte della quotidianità ma della memoria, e a questo punto per chi è bambino nell’epoca 2.0, il mugnaio potrà essere solo il macho attempato Banderas che parla con la gallina Rosita.