In uno dei miei precedenti “editoriali polemici” avevo
parlato del woofing, ovvero della
possibilità di fare un’esperienza di lavoro presso un’impresa agricola in
Italia, oppure all’estero.
Secondo un’indagine di Coldiretti, il 68% dei giovani italiani vorrebbe lavorare nell’agricoltura, e i
cari lavoretti stagionali di quando ero
teen-ager: ovvero, vendemmia, raccolta della frutta ecc., per molti anni
snobbati dagli studenti più giovani di me, e diventati poi una prerogativa dei
lavoratori stranieri, stanno tornando altamente appetibili anche per gli
italiani.
La tanto bistrattata agricoltura si sta rivelando, nonostante
la crisi, uno dei settori con maggiori possibilità di impiego, dove coloro che
hanno coraggio, entusiasmo ed intraprendenza possono addirittura inventarsi un
lavoro.
Ecco quindi sorgere
nuove professioni, dal muratore
ecologico che usa solo mattonelle di paglia, all’agri-scultore, maestro di arte topiaria; avete presente Edward
mani di forbice? La scena in cui pota le piante del giardino trasformandole in
forme di animali? Ecco, l’agriscultore sarà il vostro Edward. Altri lavori in
chiave green sono poi l’agri-tata e il
tutor dell’orto, fino ad arrivare all’affinatore
di formaggi, colui che con spezie ed aromi ti trasforma una normale forma,
in una straordinaria prelibatezza.
I nuovi mestieri sono
in realtà rivisitazioni di antichi lavori aggiornati all’insegna del bio e
dell’ecologia: vuoi
mettere quanto è “trendy” portare il pupo invece che all’asilo in fattoria
dall’agri-tata, dove la piccola peste avrà la possibilità di scaricarsi
correndo all’aria aperta tra gli animali, mentre tu sarai libero di seguire le
lezioni personalizzate del tuo mentore dell’orto, che ti aiuterà a tirare fuori
da quelle quattro cassette di terriccio che hai sul balcone, ogni ben di Dio.
Scherzi a parte, tanto di cappello a queste persone che hanno
avuto voglia di trasformare le loro passioni in vere e proprie attività
imprenditoriali, che hanno saputo inventarsi o reinventarsi un lavoro partendo
da vecchie professioni, perché i
mestieri, come l’uomo, nascono, si evolvono e muoiono, oppure recuperano
nuova linfa vitale se le condizioni ambientali mutano e da ostiche, ritornano
favorevoli.
Prendiamo le sarte,
quando ero una bambina le mamme e le nonne sapevano quasi tutte cucire, ma per
certe importanti occasioni usavano andare dalla sarta per farsi fare un vestito
su misura; poi arrivò il pret à porter, e divenne più comodo, meno faticoso ed
economico comprare gli abiti in negozio.
Ora in tempo di crisi, rattoppi,
recupero, riciclo e riuso, ecco che le sarte, dopo aver stretto la cinghia,
fanno di nuovo affari d’oro, anche se il mercato è cambiato. Le sarte italiane,
almeno nella mia Forlì, sono poche e quelle che stanno aprendo i negozi sono
agguerritissime signore russe o ucraine, ben consapevoli del valore del loro
lavoro.
Altro mestiere che sta conoscendo un grande revival è il calzolaio, mentre altri lavori sono a rischio estinzione, in quanto non
vengono più trasmessi alle nuove generazioni: arrotino, ombrellaio, spazzacamino, canestraio, ricamatrici, sono
alcuni dei lavori artigiani che rischiamo di non vedere più, anzi forse alcuni
sono già scomparsi, persino il mugnaio
potrebbe ben presto diventare una figura che non fa più parte della
quotidianità ma della memoria, e a questo punto per chi è bambino nell’epoca
2.0, il mugnaio potrà essere solo il macho attempato Banderas che parla con la
gallina Rosita.